giovedì 9 febbraio 2012
Ad un passo dal bosone di Higgs
di Barbara Gallavotti (La Stampa, 8 febbraio 2012)
Continua a nascondersi il bosone di Higgs, eppure ormai sembra quasi di toccarlo. L'ombra che aveva lasciato intravedere a metà dicembre, infatti, non si è dissolta, anzi è ancora lì, ostinata e forse leggermente più definita.
E’ ciò che emerge da due articoli simultaneamente sottoposti ieri alla rivista scientifica «Physics Letters B» dai ricercatori di Atlas e da quelli di Cms: i due esperimenti connessi all'acceleratore Lhc del Cern, dove sono stati ottenuti i dati accolti come la prima fotografia credibile dell'inafferrabile bosone.
Il lavoro appena concluso contiene un’analisi approfondita di quei dati e la sua pubblicazione è un passo naturale. Eppure l'attesa per la «Particella di Dio», qui ai Laboratori di Ginevra, è talmente tesa che basta quasi solo nominarla per scaldare gli animi, anche nella morsa di questo rigidissimo inverno. Il nome «Particella di Dio», detestato dai fisici e adorato da chi racconta la scienza, viene dal titolo di un libro scritto dal Premio Nobel Leon Lederman. Sembra, però, che il celebre fisico volesse riferirsi alla particella in altro modo, chiamandola «Goddamn Particle», particella dannata, epiteto meritato per la sua elusività. La scelta, tuttavia, non piacque all'editore. Così il bosone di Higgs, anziché essere la particella maledetta divenne «The God Particle», la Particella di Dio, appunto. Ma non per questo ha cessato di fare dannare i fisici. E anche in questi giorni non si è smentita.
L'analisi dei dati appena presentata, infatti, ribadisce sostanzialmente quanto era già stato annunciato a dicembre: sia l'esperimento Atlas che Cms hanno visto possibili tracce di una particella sconosciuta e, se la sua esistenza fosse confermata, non potrebbe che essere il bosone di Higgs. Questa particella avrebbe una massa compresa fra 116 e 131 Gigaelettronvolt (GeV), stando ai risultati dell'esperimento Atlas, e fra 115 e 127 GeV, stando ai risultati di Cms. Entrambi gli esperimenti poi hanno raccolto indizi molto interessanti, che restringerebbero ancora il campo, indicando per il bosone una massa compresa fra 124 e 126 GeV. Se il bosone fosse una balena, insomma, i ricercatori avrebbero visto dei movimenti molto sospetti nell'acqua e anche stimato il peso del cetaceo. Ma ancora non si può escludere che non si tratti solo di un ribollire di onde. Ed è proprio qui che la particella rivela la sua natura dannata, perché anche per gli scienziati può essere difficile contenere l'entusiasmo (e le speranze).
Così, mentre l'articolo veniva inviato a «Physics Letters B», per qualche ora è serpeggiata la voce che ormai fosse fatta e che il bosone fosse stato catturato. Un’eventualità subito ufficialmente smentita in primo luogo dai ricercatori impegnati negli esperimenti.
«L'analisi dei dati è molto chiara, e indica che ancora non possiamo dire di aver scoperto il bosone di Higgs - spiega Sergio Bertolucci, direttore della ricerca del Cern -. Ma, di certo, entro il 2012 sapremo se esiste, e che caratteristiche ha». Capire se una balena esiste può essere facile: basta localizzare lo spruzzo. Ma, se non si vede, come si può essere certi che non sia nascosta negli abissi?
«Semplice, basta svuotare il mare, ed è proprio quello che faremo quest'anno», aggiunge Bertolucci. Svuotare il mare significa esplorare tutti i possibili intervalli di energia dove l'Higgs potrebbe nascondersi ed eventualmente escluderli. Oggi gli intervalli ancora da valutare sono proprio quelli indicati dagli esperimenti Atlas e Cms e, dunque, la particella non ha scampo: se è là, verrà trovata.
Proprio in questa settimana, a Chamonix, si sta svolgendo l'annuale riunione dei fisici che lavorano all'acceleratore Lhc e dunque alla macchina nella quale vengono accelerate le particelle che, scontrandosi, danno vita ai cosiddetti «eventi», captati dagli esperimenti. Lhc, insomma, è il secchio con cui i fisici stanno svuotando il mare.
«Abbiamo appena deciso di fare diventare il nostro secchio più grande, cioè di fare avvenire gli scontri a energie maggiori, tecnicamente diciamo non più a 7 GeV ma a 8 Gev», scherza Bertolucci. Gli scontri a 8 GeV renderanno più facile esplorare la presenza dell'Higgs e, se c'è, catturarlo.
Ma soprattutto, apriranno nuovi orizzonti. Ad esempio permetteranno di studiare meglio la possibile esistenza di particelle supersimmetriche, identiche a quelle che conosciamo, ma con masse molto maggiori.
E, forse, consentiranno anche di individuare altre particelle dannate, come Z1, una particella utile per comprendere meglio l’ancora misteriosa essenza della forza di gravità.
Perché oggi il bosone di Higgs è la particella maledetta. Ma quando sarà stata scoperta, e quindi addomesticata, i fisici avranno bisogno di nuove sfide che sappiano farli dannare.
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