Il premier Monti ha fatto bene e merita 6 e mezzo. Ma a salvare la patria è stato il presidente della Bce
di Luigi Zingales
Ci stiamo avvicinando ai fatidici cento giorni del governo Monti. Da quando il presidente americano Franklin Delano Roosevelt, nei suoi primi cento giorni, fu in grado di far approvare 15 leggi e risollevare le sorti della nazione americana prostrata dalla Grande Depressione, questo è considerato un momento importante nel valutare ogni governo.
Rappresenta il periodo in cui un nuovo esecutivo è in grado di portare una ventata di freschezza. Dopo i primi cento giorni, la forza propulsiva si affievolisce e i governi scadono nella routine.
Quale voto si merita l’operato economico del governo Monti dopo i primi cento giorni (ha giurato davanti a Napolitano il 16 novembre 2011)?
Cominciamo (nello stile anglosassone tanto caro al nostro premier) con le aree di forza.
10 in immagine internazionale. Come ogni imprenditore sa, l’immagine sui mercati finanziari è cruciale per il successo di un’impresa. Lo stesso vale per l’Italia, che vive del credito estero. Monti in questo campo è stato eccezionale. Non è solo perché segue Berlusconi. È proprio bravo di suo. Il suo stile pacato, l’umorismo sottile, l’understatement così poco italiano, piacciono molto agli anglosassoni.
Le agiografie che si leggono sulla stampa internazionale sono quasi stucchevoli, ma ben vengano. Le sue visite alla City di Londra e a Wall Street hanno cambiato la percezione che i mercati finanziari hanno dell’Italia e hanno contribuito a ridurre il costo del nostro debito. Bravo!
9 per essersi opposto alle Olimpiadi di Roma. In un momento di difficoltà finanziaria, le Olimpiadi non sarebbero state uno stimolo alla crescita ma un invito allo sperpero e alla corruzione. E non perché sono a Roma. Se cancellava anche l’Expo a Milano Monti si sarebbe meritato il voto pieno.
9 per l’articolo 36 del decreto salva Italia.
Pochi lo hanno notato, ma è un’importante misura per ridurre gli intrecci di potere che soffocano il nostro capitalismo.
Questa norma impedisce ad un consigliere di amministrazione di sedere nel consiglio di due imprese finanziarie o assicurative concorrenti. L’articolo specifica che “si intendono concorrenti le imprese o i gruppi di imprese tra i quali non vi sono rapporti di controllo e che operano nei medesimi mercati del prodotto e geografici”. Purtroppo gli azzeccagarbugli nostrani ci spiegheranno come Mediobanca (a dispetto del nome) non è una banca e quindi non compete con Unicredit. Ma se questa legge verrà fatta rispettare, di tutte le iniziative del governo Monti, questa sarà quella che avrà le conseguenze più benefiche nel lungo periodo.
8 per una riforma delle pensioni fatta senza un giorno di sciopero. Non merita il voto pieno perché l’eliminazione dell’indicizzazione di parte delle pensioni è profondamente iniqua. Si sarebbe dovuta fare in base ai contributi versati in passato. Adesso che è stata approvata, è compito del governo spiegare agli italiani quante misere saranno le nostre pensioni future.
7 per il decreto salva Italia. Una manovra da 20 miliardi in tre anni, dopo tre manovre di Tremonti per altri 60, non era facile. La rapidità è stata essenziale.
Alcune imposte, come quella sugli immobili, erano necessarie. Ma il decreto non ha certo mostrato grande fantasia, né grande ardore nel tagliare le spese. Come disse un mio amico, non ci volevano tanti professori per aumentare le imposte.
6 meno meno per il decreto sulle cosiddette liberalizzazioni. Per l’ex commissario europeo alla concorrenza un po’ pochino. Sono un convinto sostenitore delle liberalizzazioni (quelle vere), ma vendere un piccolo aumento del numero delle farmacie e dei taxi come una liberalizzazione è un po’ troppo. Spacciarlo come un decreto di crescita è una truffa politica. Eccepisco sul modo (non si tratta di liberalizzazioni, ma solo di aumenti delle quote esistenti) e sul metodo. Taxisti e farmacisti sono veramente il primo obiettivo da colpire?
C’è chi sostiene che i taxisti sono come i minatori della Thatcher o i controllori di volo di Reagan: un simbolo di un’Italia che non compete. Sconfitti loro, tutti gli altri seguiranno. Sarà. Ma né la Thacher né Reagan se li sono andati a cercare i loro simboli: hanno reagito ad una crisi. Se uno vuole puntare ad una battaglia simbolo, perché scegliere i taxisti? Perché non cominciare da qualche cosa che conta veramente, come il vertice di tutte le imprese a partecipazione statale? Perché non introdurre competizione e meritocrazia nelle nomine? Questa sì che sarebbe una vera rivoluzione, che avrebbe effetti dirompenti.
Passiamo ora alle aree di debolezza o (in stile anglosassone) ai “margini per il miglioramento”.
5 per la riforma del mercato del lavoro. Dopo tanto parlare, la riforma ancora non c’è. Perché non cominciare dalla cassa integrazione che invece di essere un ammortizzatore sociale è un parcheggio permanente per disoccupati?
4 per le privatizzazioni mancate. Di privatizzazioni si parla poco o nulla.
In cento giorni un mandato esplorativo per vendere Eni, Enel, Finmeccanica, Poste, Rai, Cassa Depositi e Prestiti, ed immobili vari si poteva realizzare. Non se ne vede neppure l’ombra. Perché? Dopo la correzione di bilancio, occorre una riduzione del debito sotto la soglia del 100 per cento del Pil. Per arrivarci la scelta è tra privatizzazioni o una patrimoniale. Io scelgo le privatizzazioni che hanno il vantaggio ulteriore di ridurre il sottobosco politico. Cosa sceglie Monti?
2 sui tagli dei costi alla politica: inesistenti.
Apprezziamo la rinuncia del presidente Monti al suo stipendio: un gesto di stile. Ma non cambia il sistema. Bisogna spazzare via il sottobosco politico, dalle province alle fondazioni. Se non lo fa un governo tecnico, chi lo farà mai?
0 tondo tondo (secondo la più bieca tradizione nostrana) per il (mancato) assalto alla peggiocrazia. Dall’ex rettore della Bocconi, dall’ex presidente della Commissione Ue alla concorrenza, dal tecnocrate ci si aspettava un repulisti del sottobosco politico e governativo che ha governato la Prima e la Seconda Repubblica, e si appresta a mettere la mani sulla Terza. Invece, dietro la faccia onesta e rassicurante di Monti, il sottobosco prospera.
Se valutato rispetto ai governi italiani del dopoguerra (ivi inclusi quelli balneari di Giovanni Leone) Monti si merita come voto complessivo un 8. Rispetto ai governi di emergenza, da Ciampi a Spadolini, un 6 e mezzo. Ma come, se lo spread tra i titoli italiani e quelli tedeschi è sceso e la fiducia è tornata, perché un voto così parco? Lo spread è sceso per merito di Mario … Draghi. Offrendo 640 miliardi di liquidità alle banche, Draghi di fatto ha stampato moneta per comprare titoli di Stato, senza incorrere (per il momento) nelle ire tedesche. Si tratta di una manovra ardita, ai limiti del regolamento. Ma una manovra salutare. È lui il vero salvatore della patria. (Luigi Zingales, l'Espresso, 23 febbraio 2012)
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