«Eco e Narciso» (1903), di John William Waterhouse
«Ormai viviamo in uno specchio deformato: cerchiamo solo potere e bellezza. Quel che appare è diventato quello che si è.
Siamo un corpo vuoto che galleggia nella società liquida di Zygmunt Bauman. Viviamo da precari, alla giornata, sull’orlo della bancarotta etica ed economica. Abbiamo cancellato la speranza nei giovani. E stiamo affidando a Internet il nostro destino». [«L’uomo di superficie» di Vittorino Andreoli (Rizzoli, pp. 216, € 17,50)]
Il berlusconismo, secondo Andreoli, è stato «un governo in maschera che poteva dire e negare, sostenere a parole e distruggere di fatto, prigioniero degli interessi personali del leader». Ma le opposizioni si sono adeguate al peggio, finendo nel ridicolo tra faide e pessime imitazioni. Andreoli confessa la sua delusione per Romano Prodi, di cui è stato analista e trainer (psicologico) nei vittoriosi duelli con il cavaliere di Arcore.
«Non chiesi nulla per quei successi elettorali — ricorda — ma interruppi la relazione con lui subito dopo l’ultima vittoria: mi telefonò per salutarmi e io gli raccomandai il piano per i giovani che era stata la molla che mi aveva spinto a partecipare alla campagna. Doveva essere gestito dalla presidenza del Consiglio, ma lui disse che aveva creato un ministero per i giovani affidato a Giovanna Melandri… Mi resi conto che aveva già dimenticato tutto, e mi indignai. Gli dissi di prendere una matita e cancellare il mio numero di telefono». (Tratto da un articolo di Giangiacomo Schiavi, Il Corriere Della Sera)
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