I Cinesi sono tantissimi, migliaia di milioni, e possono permettersi di sedere con pazienza sulla riva del fiume ad aspettare che le acque portino il cadavere del nemico. Parlo del Capitalismo occidentale, costretto oggi a mendicare aiuti finanziari ed economici ai nipoti di Mao, che negli anni si sono avvicinati ad un "socialismo di mercato".
Nel gennaio del 1601 Matteo Ricci, gesuita euclideo, vestito come un mandarino (e non come un bonzo), veniva introdotto alla corte degli imperatori della dinastia dei Ming. Si apriva così un nuovo centro di gravità.
Nel mese di marzo del 2012 Mario Monti va in Cina indossando le cravatte Marinella che Silvio Berlusconi ha avuto la gentilezza di fargli avere, fatte a Napoli e lì vendute in un piccolo negozio di Piazza Vittoria. Ce ne parla la signora Elsa, sobriamente, dalle pagine di "Chi", la rivista berluschina.
«Se io ti do una mela e tu ne dai una a me, tutt’e due resteremo con una mela, ma se ci scambiamo un’idea ce ne ritroveremo due per uno». Wen Jiabao, il primo ministro cinese, ha usato la metafora delle mele, rubandola a G. B. Shaw, ricordando l'altro giorno al suo omologo irlandese Enda Kenny la massima che aveva pronunciato durante una sua visita a Dublino, nel 2004, ed aggiungendo «Io avevo portato sia le mele sia le idee». I Cinesi hanno una quantità enorme di dollari di cui liberarsi e cercano di farlo con oculatezza: la China Investment Corporation (la Cic), il fondo sovrano di Pechino, come ha ammesso di recente il suo numero uno, Lou Jiwei, piuttosto che investire in bond europei si è dichiarata disponibile a valutare aziende e progetti infrastrutturali: uno scambio non solo di mele ma soprattutto di idee. In Italia, dal 2007 la Tacchini (35 mln di fatturato) è della Hembly I.H., che è quotata anche a Hong Kong. A gennaio il 75% della Ferretti – che produce yacht di lusso – è passato al gruppo cinese Shandon. La Benelli, marchio pesarese delle moto, fa capo alla Quianjiang (forte di 750 milioni di capitale). 500 milioni di euro è la somma che i cinesi di Zoomilion avrebbero speso per acquistare la Cifa (betoniere) nel 2008. Interpellato dall’agenzia Xinhua, il direttore per gli investimenti in Italia di Invitalia, Giuseppe Arcucci, ha spiegato agli interlocutori di Pechino che il nostro Paese «è più aperto al capitale cinese anche in settori tradizionalmente preoccupati di vedersi privati del loro know how, come le macchine utensili e la moda».
Niente più scantinati o capannoni pieni di clandestini come quelli di Prato, quindi, ma attività alla luce del sole. Con le nostre idee (know how) loro saranno capaci di guadagnarci qualcosa. Noi, invece?
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I Paesi che più hanno rafforzato la loro presenza in Italia con il numero di società italiane partecipate e quelli che hanno registrato una presenza in calo nelle società italiane.
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