L’Università Bocconi ha punito duramente un suo studente omofobo, autore di scritte spregevoli e violente, sospendendolo per un anno. Ma ne preserva rigorosamente l’anonimato, per non esporlo a processi mediatici sommari e rappresaglie. Nel suo piccolo (infinitamente più piccolo), l’episodio ricorda la compostezza e la misura con la quale la Norvegia tratta il criminale Breivik. In entrambi i casi la legge si concede, a nome della comunità che amministra, un rispetto per i diritti della persona che il colpevole nemmeno concepisce. Qualcuno potrebbe dire: l’intollerante e l’irrispettoso non meritano tolleranza e rispetto. Ma a pensarci meglio, niente è più esemplare, per un intollerante, di una punizione che non si abbassa al suo livello. La punizione è “migliore” del punito, e se non arriverà a migliorarlo, servirà comunque a collocarlo, nel giudizio morale, parecchi gradini più in basso rispetto alla legge della comunità. È possibile che il politicamente corretto (detto più semplicemente, la democrazia moderna) sia odiato dai fanatici, soprattutto quelli di destra, anche perché è conclamatamente, oggettivamente migliore di loro. Più umano e più intelligente. “Migliore” è una parola difficile, carica di responsabilità e di impacci: ma qualcuno, almeno ogni tanto, deve pur prendersi la briga di esserlo. L'AMACA di Michele Serra (5 agosto 2011)
venerdì 5 agosto 2011
Punizioni bocconiane
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Una punizione (o anche in senso più generale una Legge) dovrebbe essere pensata secondo due piani:
RispondiElimina1)espressione del rapporto di forza del legislatore
2)deterrente per chi agisce in un certo modo
Nel n. 1) dovrebbe rientrare anche la qualità del legislatore.
La legge del taglione è equa, ma cosa ci sia di civile nel riproporre la stessa azione che condanni non si capisce.