giovedì 18 agosto 2011

21 %, non una goccia in più

Matteo Mion
Provocazione I comuni piangono poi buttano i soldi per i fuochi d’artificio Ho sempre diffidato della sinistra non solo perché Bindi, Luxuria e Vendola sono troppo per un impenitente maschilista come me, ma soprattutto per l’uso indiscriminato e fraudolento del termine solidarietà. Infatti con tale lasciapassare gli esecutivi cattocomunisti hanno sfasciato il paese, sostituendo il merito con la solidarietà in adempimento di quel poco condivisibile precetto evangelico per cui gli ultimi saranno i primi. Così quando l’altro giorno ho letto “contributo di solidarietà”, ho subito sentito odore di bruciato, tramutatosi in incendio doloso delle mie tasche, quando ho fatto il conto della serva. Eccolo. Ho pagato un'aliquota del 40%, 14% di contributi alla Cassa di competenza, 10% di costi indeducibili, ora mi toccherebbe un altro 10% in nome di chissà quale supposta solidarietà. Al 26% che residua tolgo mutuo, prole e compagna e al sottoscritto rimane si e no un 5% del proprio sudore. Quasi quasi sposo il verbo buddhista che giganteggia sul monumento posto all’ingresso del lungomare di San Benedetto del Tronto: “Lavorare, lavorare, lavorare preferisco il rumore del mare”. 
IL RUMORE DEL MARE Ovviamente l'imponente scritta non sarà certo costata due lire al comune sambenedettese al pari dell'immane spreco di denari pubblici in fuochi d'artificio agostani da parte dei comuni della costa adriatica. Costo medio tra i 20 e i 30.000 euro e anche il paesiello di 50 anime spara i suoi petardi in cielo alla faccia della crisi e di Tremonti. Una mano accende micce, spreca e scialacqua, l’altra protesta con il governo, perché costretta a tagliare i servizi, ma non le feste danzanti. Meglio sarebbe che i sindaci, invece di gettare denaro pubblico in sagre e giochi pirotecnici, ragionassero da persone serie e risparmiassero denari per scuole e assistenza agli anziani. Ma si sa: preferiscono il rumore del mare… E se il governo, invece di prendersela ancora con il reddito di chi lavora, iniziasse a smembrare quest’Italia di comuni, comunelli, mance e mancette? Quest’Italia che lavora (si fa per dire) mezza giornata e l’altra piange il morto e protesta, ma alla sera si ritrova a sparare petardi a spese del contribuente. Sindacucci, geometrini e presidentini di province con facoltà di lottizzare e devastare il territorio con improbabili casupole per sgobbarci qualche tangentina di straforo. Se questo è il federalismo vada alla malora insieme al Trota e alla Minetti, agli imboscati, ai parassiti e ai mancettari di destra e di sinistra. L’Italia dei lavoretti in nero perché dal Po in giù si chiude un occhio, mentre dal Po in su si chiude bottega. E ora lo stato chiede il contributo di solidarietà a chi invece di preferire il rumore del mare, lavora, lavora, lavora? MAI PIÙ SOLIDALI L’Italia necessita di un’unica grande riforma liberale e capace di sprigionare le potenzialità inespresse del paese: mandare a lavorare le migliaia di mantenuti della politica e della parapolitica.Dalla Camusso all’Inail, all’Inps, alle comunità montane, alle decine di enti, paraenti e fondazioni truffaldine che sorgono per spillare denari pubblici. Dagli inutili ministri senza portafoglio ai sindaci con il portafoglio pieno che scialacquano i nostri risparmi racimolati in generazioni di sudore. Caro Tremonti, si rilegga “La Casta” di Stella e Rizzo e giù di forbici. Io e migliaia di titolari di partite iva non siamo più solidali proprio con nessuno e tanto meno con l’Italia dei parassiti, delle sagre paesane e dei fuochi d'artificio a sfregio della crisi. Giù le mani dai denari di chi lavora. E ora delle forbici con chi preferisce il rumore del mare…

E' un articolo pubblicato oggi su Libero e firmato da un tale di nome Matteo Mion.

Avvocato civilista e pubblicista impegnato nelle battaglie della responsabilità civile italiana con particolare riferimento alla tutela del danneggiato da malasanità che assisto secondo le impostazioni giuridiche all’avanguardia della conciliazione in tutte le sue forme.
Dal 2006 collaboro con il Direttore Vittorio Feltri prima al quotidiano Libero e dal 2009 a Il Giornale.
Sono un personaggio scomodo perchè dico quello che penso in Tribunale come sulla carta stampata, in un paese dove vige la regola contraria.
Questo signore, insomma, campa di "malasanità".
Fa bene perché come "pubblicista" o scrittore difficilmente riuscirebbe a soddisfare le esigenze del mutuo, della compagna e della prole: il 21% del proprio sudore, non una goccia di più.


Quanto ai fuochi d'artificio, d'estate sono un divertimento per vecchi e bambini. Quasi sempre pagati da Italiani emigrati e che rientrano per il tempo sufficiente a rinfrescarsi nei ricordi di un Paese che non li ha amati e che non li ama.

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