giovedì 11 agosto 2011

Lo chiamano tesoretto

Libero, 11 agosto 2011
Di come andarono le cose nel '92 ho già scritto. Sembra che ci risiamo.
Di vendere l'oro (una novantina di miliardi il valore in euro) custodito nel forzieri della Banca D'Italia proprio non se ne parla: dovrebbero farlo a prezzo di mercato. Pare brutto.
Stavolta non c'è stato neppure bisogno di riunirsi sul Britannia, al largo di Civitavecchia. La BCE ha mandato loro una più comoda letterina.


Bonanni in giro per TV a minacciare quasi fisicamente chi osasse toccare i poveri, pensionati allarmati di morte e distruzione, con Minzolini che non capisce l'antifona ed oscura Letta (Gianni) che parla di situazione drammatica.
La crisi al TG1 la spiega questo qui.


Bisogna vendere i carrozzoni di Stato, dicono.
Covo di incapaci messi lì da spartizioni politiche.
Invece di lucidare l'argenteria la danno via.


Berlusconi, alla fine, anche stavolta eviterà la patrimoniale.
E' triste e scuro in volto perché non riesce a trovare il modo di poter mettere pure lui le mani sulla torta. Dovrebbe dimettersi e non se ne parla: correrebbe il rischio di mangiare il panettone con Lele Mora, in galera.

PALAZZO CHIGI La rivolta dei giornalisti La prassi è normale: il governo convoca un Consiglio dei ministri o un vertice di altro genere, non spiega se c’è una conferenza stampa, ma lo decide all’ultimo secondo. I giornalisti che non possono rischiare di perdersi le comunicazioni del governo, devono aspettare per ore al gelo dell’aria condizionata della minuscola saletta stampa di Palazzo Chigi. Ieri però si è vista una scena che è un po’ il segno dei tempi: dopo ore di attesa, arrivano le parti sociali. Parla solo Emma Marcegaglia, pochi secondi. Non ha niente da dire, il governo era senza idee, il vertice è stato inutile, anche la presidente degli Industriali è in forte imbarazzo perché Berlusconi e Tremonti stanno svuotando un’iniziativa lanciata proprio da Confindustria e Cgil.“Bene, grazie”, dice svelto il presidente dell’Associazione delle banche italiane, Giuseppe Mussari. Si alzano tutti e se ne vanno. Vietato fare domande. E allora scatta la rivolta dei giornalisti: una giornalista del Tg3 comincia a urlare senza microfono, chiede come possano pensare tutti di continuare così senza far nulla, mentre la Borsa perde fino al 6 per cento in un giorno. La Marcegaglia, tentenna, Luigi Angeletti della Uil si guarda attorno spaesato. Cominciano a urlare in tanti, “Perché venite a questi vertici?”, oppure “Che ci avete chiamati a fare qui?”. I cronisti si assiepano attorno al bancone dove di solito siede il governo. I cameramen si disperano perché tutti sono in piedi, “impallando” le telecamere. Ma di risposte non ne arrivano. Gli unici che potrebbero fornirle, Berlusconi, Sacconi o Tremonti, non si fanno vedere. Neppure dai giornalisti. Figurarsi dagli elettori. (Stefano Feltri, Il Fatto Quotidiano, 11 agosto 2011)
Il teatrino della politica, in Italia.

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