L'acqua è poca, e la papera non galleggia, si dice a Napoli.
La rottura di stock di alcuni medicinali è un fenomeno che riguarda realtà molto diverse tra loro. Diverse le motivazioni: le esportazioni parallele, ma anche la tensione sulle materie prime e l’organizzazione del comparto farmaceutico. E' un problema che riguarda non solo l'Italia ma anche colossi come gli Stati Uniti, o la Francia. [...]Fonte: Federfarmaservizi
Come ha spiegato al Quotidien du Pharmacien un rappresentante dell’industria che ha preferito restare anonimo, “le aziende non hanno una capacità produttiva illimitata”. [...]
Il quadro non è chiarissimo e l’unico elemento comune nelle diverse interpretazioni sembra essere il limite alla capacità produttiva, soprattutto dei medicinali più innovativi. Però, qui almeno una spiegazione accettata da tutti sembra esserci ed è la penuria di materie prime. Lo scenario negli ultimi trent’anni è drasticamente mutato: la crescita della popolazione mondiale, il miglioramento delle condizioni economiche, e quindi dell’accesso alle cure, in paesi molto popolosi come Cina, India e Brasile hanno ovviamente fatto crescere la domanda globale di medicinali. Ma a pesare è anche la divisione internazionale del lavoro, per usare una definizione in voga negli anni Settanta, dal momento che oggi l’industria farmaceutica europea dipende all’80% da Cina e India per l’approvvigionamento delle materie prime, mentre negli anni novanta del secolo scorso la quota si fermava al 20%. La cosa non è senza conseguenze, come ha mostrato il caso dell’eparina Baxter tra il 2007 e il 2008.
All’epoca una grave epidemia negli allevamenti suini cinesi aveva enormemente ridotto la disponibilità di eparina greggia, fraudolentemente sostituita in alcuni casi da condroitina solfato supersolfatato.
Risultato: lotti ritirati, necessità di controlli a 360° e riduzione delle scorte di farmaco.
Peraltro, al ridursi delle disponibilità, soprattutto nell’Occidente industrializzato, non è estranea anche la continua discesa dei prezzi dei farmaci di sintesi che, come ha più volte richiamato il settore del generico, rischia di rendere antieconomiche alcune produzioni. Oggi, in sostanza, la situazione è abbastanza tesa, basti pensare che solo tre siti in tutto il mondo producono l’oseltamivir e che in Occidente un solo stabilimento produce penicillina. In queste condizioni basta poco per creare strappi nella filiera.
Una cosa è certa - e in questo hanno ragione i distributori francesi - la questione va affrontata considerando tutti gli aspetti, compresi quelli macroeconomici, mentre il rimpallo di responsabilità sui singoli venti rischia di lasciare il tempo che trova (che non è bellissimo).
Approfondimento: Le Monde
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