domenica 19 febbraio 2012

Solitudini, Paure, Golem


«Solitudine» (1933), un dipinto di Marc Chagall (1887 -1985)

L'opera, realizzata nel periodo di ascesa del nazismo, esprime la preoccupazione per quel che verrà. Esistono vari modi in cui gli uomini possono reagire a grandi paure, e tra questi: la fuga, la negazione, la creazione, l'attacco. Istinto o ragione. Da qualche anno, prima in America e poi in Europa, è riapparso un fenomeno che caratterizzò proprio la Germania del primo novecento: il passaggio di molti elettori da sinistra a destra. Oggi come allora è diffuso un sentimento di impotenza al quale ha fatto seguito il risentimento sociale, una passione potente, la morale dello schiavo, secondo Nietzsche (Genealogia della morale. Uno scritto polemico, 1887): chi non ha speranze urla il proprio "no", in un'azione creatrice, contro l'altro, il diverso, l'esterno, l'ignoto. L'esclusione piuttosto che l'inclusione. Si creano, così, le condizioni nelle quali le destre populiste attirano a sé le masse.
La cultura Yiddish ha proposto un'altra reazione alla Paura: la creazione di un mito, il Golem. Riporto la parte finale di un'intervista di Fabio Gambaro a Marek Halter, autore de Il cabalista di Praga. La Repubblica, 17 febbraio 2012.


[...] Cosa rappresenta la leggenda del Golem?
«Ogni leggenda corrisponde a un’epoca e a un sogno precisi. Nel ghetto di Praga gli ebrei disperati sognavano qualcosa che potesse proteggerli dall’odio e dalla violenza. Nacque così il mito del Golem. E se tale leggenda che esprime un desiderio collettivo è sopravvissuta nei secoli, significa che si è continuato ad avere il bisogno di credere in essa. Con il Golem, l’uomo fabbrica per la prima volta un artefatto dai riflessi umani. È il sogno di una creatura artificiale al servizio dell’uomo. È il primo dei robot».
In realtà è un superuomo. Possiamo considerarlo il sogno umano dell’onnipotenza?
«Dipende da come lo si guarda. Per Hitler e i nazisti fu probabilmente così. Ma non va dimenticato che alla fine il Golem sfugge al controllo degli uomini, tanto che il MaHaRaL decide di distruggerlo per evitare derive pericolose. È un gesto che dovrebbe servirci di lezione tutte le volte che la scienza produce qualcosa che rischia di sfuggirci di mano. L’uomo può creare ma deve saper distruggere.
Non dobbiamo aver paura d’interrompere un processo di creazione, se questo rischia di produrre risultati aberranti. Dobbiamo essere capaci di inoltrarci in territori sconosciuti, perché solo così si crea e si scopre, ma al contempo dobbiamo essere sempre pronti a fermarci.
Occorre rimanere padroni delle nostre ricerche, esattamente come il romanziere nei confronti della pagina che sta scrivendo. E nel mondo yiddish la cultura ha sempre l’ultima parola. Non a caso il MaHaRaL distrugge il Golem. È il potere del Verbo che crea il Golem, ed il potere del Verbo che lo annienta».



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