giovedì 9 febbraio 2012

Morti di freddo

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Fonte: Il Corriere Della Sera

Bilancio aggiornato al 9 febbraio.
Tanti morti a causa del freddo in un Paese come il nostro proprio non me lo sarei mai aspettato. Troppi. Moltissimi disagi, innumerevoli incidenti. C'è qualcosa che non va. Amministratori, governanti e cos'altro? Mi risponde Luca Mercalli.


Quali lezioni da questo evento meteorologico?
Uno: non sappiamo fare tesoro delle previsioni che oggi la scienza ci mette a disposizione. Nonostante gli avvisi di neve e gelo diffusi con una settimana di anticipo, in tanti casi ci siamo lasciati sorprendere come novellini. Passi per gli alberi caduti sulle linee elettriche, fatto che capita ovunque durante una tempesta, ma i tubi dell’acqua gelati perché i proprietari non si sono attivati per mettergli «uno straccio» di isolamento supplementare?
Due: non siamo capaci di assegnare priorità e assumere responsabilità individuali. C’è stata disorganizzazione, troppe auto senza catene, e su questo si può migliorare, ma quanti stizziti lamenti per quei disagi che sono inevitabili in qualsiasi Paese sottoposto a un estremo meteorologico e vanno accettati senza tante polemiche! Ricordate nel dicembre 2009 gli aeroporti europei bloccati dalla neve e cinque Eurostar con 2000 persone fermi nel tunnel sotto la Manica?
Tre: la fragilità del sistema energetico è nota, ma se ne parla solo sotto la paura di restare al freddo. Risanamento ed efficienza energetica del sistema Italia sono necessità assolute e farebbero risparmiare denaro, ci metterebbero al riparo da ricatti geopolitici, renderebbero tutti più autosufficienti, farebbero ripartire una sana e capillare economia.
Quattro: manca la preparazione psicologica della popolazione ad affrontare una qualsiasi perturbazione della quotidianità.
Cinque: un saggio governo tecnico di quest’Italia, più che risanare un’economia non risanabile con gli stessi mezzi che l’hanno degenerata, dovrebbe mettere in atto un progetto di resilienza collettiva per garantire il mantenimento di livelli accettabili di comfort senza precipitare nel baratro.
La Grecia, dove ormai si segano di straforo i boschi pubblici per riscaldarsi, insegna che come dice Seneca, «la crescita è lenta, la rovina è rapida». (Luca Mercalli, La Stampa)

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