venerdì 3 febbraio 2012

"Angelo Dundee. L'uomo che sussurrava ai guantoni"


L’allenatore di origini calabresi è morto in Florida all’età di 90 anni. Dal suo angolo ai bordi del ring è stato lo stratega di tutte le imprese di Cassius Clay


di Rino Tommasi

Angelo Merena, meglio conosciuto come Angelo Dundee, morto martedì scorso nella sua casa di Tampa, in Florida all’età di 90 anni, è stato uno dei personaggi più importanti nella storia della grande boxe degli ultimi 50 anni. L’ho conosciuto quando ancora non era diventato famoso come l’uomo che dall’angolo ha guidato tutta la carriera di Muhammad Ali. Assieme a suo fratello Chris era il proprietario della più nota e meglio frequentata palestra di Miami.
Non a caso il sindacato che aveva messo sotto contratto il futuro campione del mondo che aveva appena vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma del 1960, non ha avuto esitazioni nello scegliere l’uomo che doveva avere l’impegnativo compito di seguire in palestra e sul ring la carriera del più grande talento pugilistico di ogni epoca.

Di origini calabresi Dundee aveva seguito negli Stati Uniti suo fratello Chris. Nato a Filadelfia, i suoi primi contatti con il mondo della grande boxe li ha avuti occupandosi di Carmen Basilio, il futuro campione dei pesi welter e dei pesi medi, anche lui figlio di emigrati italiani.
NEL SUO LIBRO I Only Talk Winning (letteralmente “Parlo solo di vittorie”, ma meglio traducibile con quello che era il suo motto: “L’unica cosa importante è vincere”), Dundee ha avuto bisogno di 20 pagine per spiegare come dal nome Merena, passando attraverso Mirena , Mirendo e Joe Corrara si sia giunti a Joe Dundee, nome completamente scozzese e che Corrara aveva scelto per la sua carriera di pugile professionista. Capace comunque di conquistare nel 1933 una versione del titolo mondiale dei medi a spese del francese Lou Brouillard. Un altro incrocio tra il nome Dundee e il pugilato lo troviamo nella carriera di Giuseppe Carrora, nato a Sciacca in Sicilia e diventato campione dei leggeri jr. nel 1921. Erano anni in cui molti emigrati italiani cambiavano nome per adattarlo alla lingua e alle abitudini locali. Un altro celebre esempio è stato quello di Guglielmo Papaleo, che è stato campione dei pesi piuma come Willie Pep. Tra i molti episodi che legano la figura di Angelo Dundee ad Ali il più importante e il più noto è stato probabilmente quello che si è verificato sul ring di Wembley il 18 giugno 1963 quando Ali, che non era ancora campione del mondo, ha incontrato l’inglese Henry Cooper. Nel corso della terza ripresa Cooper ha incrociato Ali con un bel gancio sinistro e lo ha messo al tappeto. Per quanto scosso e sorpreso, Ali si è rialzato subito, ma gli ha fatto certamente comodo che il round stesse per concludersi. Appena Ali si è seduto, Dundee con la punta delle forbici che gli uomini d’angolo usano ha tranciato un guantone del suo pugile rendendolo inutilizzabile e imponendo la sostituzione. Insomma l’astuto manager aveva garantito al proprio pugile una manciata di preziosi secondi. Ali si è ripreso e nella quarta ripresa ha cominciato a colpire la fragile arcata sopraccigliare di Cooper riducendolo
una maschera di sangue e obbligando l’arbitro, Tommy Little, a fermare il match. Il record di Ali era salvo come il suo cammino verso il titolo.
OLTRE A BASILIO, altri campioni che Dundee ha aiutato nel percorso verso il titolo mondiale sono stati Ralph Dupas e Willie Pastrano. Dupas è stato il primo campione della nuova categoria dei medi jr., un titolo che lui ha ceduto a Sandro Mazzinghi nel 1963. Nel suo libro, Dundee racconta nei dettagli come è diventato l’uomo d’angolo di Ali. Nella trattativa hanno avuto un ruolo importante Archie Moore e Dick Saddler che erano stati a Roma quando Moore ha incontrato Giulio Rinaldi. Tra l’altro Moore è stato uno dei pugili che, perdendo per k.o. in quattro riprese da Ali, ha contribuito a ingigantirne la fama e la popolarità. Malgrado attorno ad Ali ci siano stati sempre troppi personaggi, è sempre stato Dundee ad avere l’ultima parola, anche se ci sono state alcune situazioni nelle quali si è trovato a disagio. È successo infatti che un pugile che Dundee aveva seguito dal suo esordio al professionismo, Jimmy Ellis, si è trovato ad affrontare Ali nel 1971 subito dopo la prima sfida tra Ali e Frazier. Dundee non avrebbe voluto trovarsi in quella situazione, ma ha dovuto scegliere e lo ha spiegato nel suo libro. “Con Ali io facevo parte del suo team, con Ellis io ero il team. Sapevo che Ali avrebbe vinto e mi è dispiaciuto quando l’arbitro ha fermato il match nella dodicesima ripresa”.
In tutti gli altri incontri della sua carriera Dundee è sempre stato all’angolo di Ali che ha capito il problema del suo vecchio allenatore. Con lui se ne va un personaggio di un pugilato che non c’è più. (Il Fatto Quotidiano, 3 febbraio 2012)

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