venerdì 23 marzo 2012

"Appartamenti vista lava"

Foto: G. Carotenuto, M. Frassineti


Caldoro vara la deregulation. Più cubature sotto il Vesuvio. E sulla costiera amalfitana
DI PAOLO BIONDANI
Più cemento per tutti. Perfino nella “zona rossa” a massimo rischio di catastrofiche eruzioni del Vesuvio. E meno limiti alle speculazioni edilizie in tutta la Campania. Compresi i paesi-gioiello della Costiera Amalfitana, i pochi finora risparmiati dal saccheggio sistematico del territorio.
La giunta regionale della Campania ha varato il primo marzo scorso una grande riforma della pianificazione urbanistica che, secondo autorevoli esperti, rappresenta «il più grave stravolgimento mai tentato» delle norme destinate a difendere ciò che resta di uno dei paesaggi più belli del mondo. Il disegno di legge-cornice, approvato dall’esecutivo di centrodestra presieduto dall’ex socialista Stefano Caldoro e sostenuto anche dai fedelissimi dell’ex sottosegretario Nicola Cosentino, ha un titolo rassicurante: “Norme in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio in Campania”.
Nei primi 14 articoli, la giunta proclama di voler finalmente applicare anche in Campania la “Convenzione europea del Paesaggio”, firmata a Firenze nel 2000 e ratificata dall’Italia nel 2006, tre anni dopo l’utimo condono edilizio berlusconiano. Il problema è che l’articolo 15, che chiude la riforma con una raffica di «abrogazioni», rade al suolo sei leggi urbanistiche e ne stravolge altre due. Il diavolo si nasconde in dettagli come questo: nella «legge numero 21 del 2003», recita la riforma, bisogna «sostituire le parole “incrementi di edificazione” con “nuova edificazione” ». Cosa significa? «Vuol dire che cadono i vincoli perfino nei 18 Comuni ad “alto rischio vulcanico”, quelli più vicini al Vesuvio», spiega uno dei primi giuristi che si sono accorti del trucco, Carlo Iannello, professore di diritto pubblico all’università di Napoli e neo- consigliere comunale con la lista De Magistris.


«La legge del 2003 vieta qualsiasi aumento di cubatura, anzi incentiva l’esodo della popolazione verso zone meno pericolose. Con la legge Caldoro, invece, resterebbero bandite solo le “nuove” costruzioni, ma non gli “incrementi” delle migliaia di abitazioni già esistenti: in pratica è un nuovo, gigantesco piano-casa sotto il Vesuvio».
Nei 18 comuni da Ercolano a Pompei vivono oltre 550 mila abitanti. Qui, in caso di eruzione, dovrebbe scattare un “piano nazionale di emergenza”, che ha come riferimento “l’esplosione” vesuviana del 1631. Nella zona rossa, che è la più pericolosa, è prevista l’evacuazione totale. Per evitare un’ecatombe, insomma, è necessario che più di mezzo milione di persone vengano sgomberate da una superficie di 226 chilometri quadrati in tempi rapidi, subito dopo il primo allarme degli scienziati. Con lo stop al cemento (e gli incentivi all’esodo) la legge del 2003 puntava proprio a ridurre il numero di residenti per evitare il caos. Ma ora la giunta Caldoro fa dietrofront. E non è finita.
Il piano casa sul Vesuvio è solo la più vulcanica tra le tante novità previste dalla deregulation urbanistica. Sempre nell’ultimo articolo, i berlusconiani campani hanno inserito una liberalizzazione del cemento che riguarda tutta la Costiera Amalfitana, la Penisola Sorrentina e i Monti Lattari. Terre ancora incantevoli, finora protette da un’apposita legge del 1987. Che, se passerà la riforma Caldoro-Cosentino, verrà cancellata. Insieme ai vincoli previsti da altre leggi, ad esempio, per salvare dal cemento l’antica città greco-romana di Elea (oggi Velia). A quel punto le speculazioni edilizie avranno come unico limite un futuro Piano Paesaggistico, che ancora non esiste: lo potrà scrivere direttamente la giunta campana, senza bisogno di farlo approvare (e neppure discutere) dal consiglio regionale. E se dovesse sopravvivere qualche residuo vincolo, ogni municipio sarà libero di azzerarlo: il solito articolo 15 prevede infatti che in tutte le zone agricole da Amalfi a Sorrento qualsiasi tutela potrà essere «disapplicata» con «uno strumento urbanistico comunale».
In pratica gli speculatori potranno limitarsi a convincere e magari a pagare (e i camorristi a intimidire) solo i politici del Comune, senza più rischi di trovare ostacoli in provincia, regione o ministero.
E con la caduta delle regole superiori, le soprintendenze non avranno più armi
neppure per contrastare le richieste di condoni. Tutto questo in una regione devastata dal tasso di abusivismo più alto d’Europa: 20 fabbricati illegali ogni 100 abitanti. L’assessore regionale all’Urbanistica, Marcello Taglialatela, ha illustrato l’obiettivo del nuovo piano con parole a suo modo oneste: «Non ci saranno più divieti in assoluto, si valuterà cosa costruire area per area».
Ormai promossa dalla giunta, la riforma ora attende solo il voto del consiglio regionale, dove il centrodestra ha una maggioranza di stampo bielorusso insidiabile solo da eventuali faide interne.
Contro un disegno così “pericoloso” si stanno mobilitando intellettuali, associazioni antimafia e politici come l’ex sindaco di Ercolano Nino Daniele. E i presidenti nazionali di Italia Nostra, Legambiente e Fai, Alessandra Mottola Molfino, Vittorio Dezza Cogliati e Ilaria Borletti Buitoni, insieme a Vittorio Emiliani e a urbanisti come Edoardo Salzano, sono i primi firmatari di un appello al ministro della Cultura, Lorenzo Ornaghi, per «fermare, in nome della Costituzione, il più grave assalto sinora tentato al paesaggio della Campania». (l'Espresso, 23 marzo 2012)

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