mercoledì 18 aprile 2012

Lega Vs Liga

L'altro giorno in un commento accennavo alla possibilità di scissione all'interno della Lega Nord. Pare che si vada proprio verso quella direzione.
[...] «Voi giornalisti avete spiegato la fine della Liga con le solite baruffe chiozzotte, ma sono balle» spiega Rocchetta. «La verità è che Bossi, con alle spalle le teorie di Miglio, vate della Lombardia come Prussia del Nord, ha tramato fin dal principio per prendersi l’egemonia del movimento. E se l’è preso manovrando i soldi del partito, esattamente come aveva fatto prima Craxi nel Psi. La Lega Lombarda era appena nata e già intascava duecento milioni di tangenti Enimont. Poi hanno dato la colpa al “pirla” Patelli, come ora cercano di fare con Belsito. Ma uno che dà la cassa di partito a uno come Belsito, perché lo fa? Non mi stupisce neppure la debolezza di Bossi nei confronti dell’amica Rosi Mauro. E’ lo stesso tipo di debolezza che lo portò a nominare la ragazzotta, in seguito show girl, Irene Pivetti alla terza carica dello Stato». Marilena Marin rincara la dose: «Nel ‘94 Berlusconi, che ha i suoi lati comici, ci chiese che cos’era questo famoso federalismo e di fargli avere una memoria sulla faccenda. Malafede? Non credo. A lui interessava scampare ai processi e salvare le tv, per il resto era disposto a tutto, al federalismo, alla riforma fiscale, perfino al ritorno della Serenissima. In ogni caso, noi gli portammo il dossier, Bossi mai». Conclusione di Rocchetta: «A Bossi del federalismo non è mai fregato niente. E’ stato al governo dieci anni e le uniche riforme federaliste le ha fatte l’Ulivo con i decreti Bassanini e la riforma del titolo V della Costituzione, soltanto che sono troppo stupidi per rivendicarla e anzi se ne vergognano. Bossi ha replicato con la devolution, che è una solenne pagliacciata». Papà e mamma Liga avranno i loro rancori da mettere in conto, ma nel grande Nord Est i tamburi della rivolta autonomista hanno ricominciato a battere da Verona a Belluno. Se le elezioni di primavera andranno come si prevede, un crollo della Lega romanizzata in Lombardia e la tenuta della Lega dei sindaci in Veneto, anche grazie alle liste civiche che Bossi aveva proibito, Roberto Maroni dovrà tornare nella culla del leghismo a firmare un nuovo patto fra lombardi e veneti.
Da un articolo di Curzio Maltese su La Repubblica (18 aprile 2012).

Franco Rocchetta con Marilena Marin ha formato per un decennio la coppia leader  della Liga veneta. Fu poi buttato fuori da Umberto Bossi nel 1994.
[...] La spettacolare restituzione è la risposta schifata alla ferocia furba e ipocrita dei capi che avevano pensato di liberarsi liberandosene, di pulirsi scaricandolo, di sacrificarlo come capro espiatorio. Ma avevano fatto male i loro conti perché Belsito non è un ragioniere né un contabile, non è un Lusi qualsiasi e neppure un Greganti o un Citaristi. È un leghista irsuto e primitivo come il Bossi primigenio, quello autentico e sanguigno che urlava con la voce cavernosa «va a cagà i padrun, va a cagà i terrun». Belsito rivendica quel cattivo carattere delle origini in faccia a un partito che è diventato democristiano. Ai trabocchetti, alle chiacchiere e alla sociologia oppone la fisicità dei diamanti e dei lingotti della tribù – per usare il linguaggio padano – del “mangia mangia”. Sono l’oro e i diamanti dell’omologazione, la certificazione della Lega ladrona, “a fra che te serve”, la Lega ingessata nel suo abito istituzionale, ebbra di clientele, tutta concentrata nell’occupazione del potere e nella spartizione delle poltrone. Neppure il peggiore craxismo arrivò a sognare lingotti e diamanti, neppure Lavitola, neppure lady Poggiolini. E invece la Lega si è fatta gaglioffa sino al punto di superare in ruberia tutti i ladri che pretendeva di impiccare al cappio padano. Ora Belsito, che non è una carriera politica ma un destino, riporta alla Lega il suo tesoro. Quando ci si separa, quando ci si sfidanza la riconsegna dei regali è la maniera più odiosa di mandare l’altro a quel paese dicendogli “sei un poveretto, sei un miserabile”. E quando si scioglie una banda, l’ultimo atto è la spartizione.
Da un articolo di Francesco Merlo su La Repubblica (18 aprile 2012).


La Padania, una panzana colossale, lascerà il posto alla Serenissima?
Quelli di Varese come usciranno da questa guerra tra bande / clan?

Nessun commento:

Posta un commento