giovedì 26 aprile 2012

Crescita


Ogni tanto, nella depressione generalizzata, qualcuno (anche molto autorevole) evoca la parola “crescita” con l’aria di chi indica uno squarcio tra le nubi. Il problema è che nessuno sa più che cosa voglia dire, “crescita”: di che pasta sia fatta, che novità porti, a chi porti benessere e a chi penuria. E’ passato ormai mezzo secolo dal celebre discorso di Robert Kennedy “contro il Pil”, nel quale diceva, in buona sostanza, che i numeri definiscono solo delle quantità, non delle qualità. Ma ancora oggi, malgrado lo sviluppo abbia rivelato, insieme ai suoi vantaggi, anche i suoi guasti, i suoi sprechi, le sue storture, si parla di crescita come di un grumo di numeri, e basta. Nessuno dei supertecnici che a Roma o a Berlino o a Strasburgo fanno di conto, o dei leader politici che dai quei conti sono paralizzati, ha la voglia o il tempo o la capacità di dirci che cosa metterci dentro, alla scatola vuota detta crescita. L’attuale impopolarità della politica sta anche in questa reticenza ormai congenita: un gretto cumulo di cifre che non ci dice (quasi) più niente, che non ci unisce né ci divide, non ci fa sognare né litigare. Crescere: come, perché, dove, per ottenere che cosa, per essere che cosa? (M. Serra - L'Amaca, La Repubblica, 26 aprile 2012)

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