lunedì 23 luglio 2012

“Con il solo rigore i rischi aumentano”


di Eugenio Occorsio (La Repubblica)

ROMA — «La parola d’ordine è solidarietà. 
Bisogna dare ai Paesi più indebitati, Italia, Spagna, Grecia, la possibilità di rinegoziare, allungare, rimodulare, i debiti. Ovviamente senza interrompere il corso delle riforme, ma senza forzature. Non c’è altra strada. Altro che fiscal compact. Con il rigore non si va avanti». James Galbraith, 60 anni, docente all’Università del Texas, ha un ruolo di primo piano fra gli economisti liberal americani così come lo aveva il padre, John Kenneth Galbraith, esegeta della crisi del ’29, organizzatore del piano Marshall, consigliere di Kennedy.
Anche Galbraith junior conosce l’Europa e ne interpreta i machiavellismi con arguzia: «Non sarei rassicurato dalle affermazioni di Draghi. Quando un banchiere centrale sente il bisogno di fare annunci così decisi, lo fa perché la situazione è drammatica».
Perché si è arrivati fin qui?
«Per incapacità o cattiva volontà, temo tutte e due. La chiave è in Germania. Ci sono forti gruppi interni, politici e finanziari, che l’euro l’hanno maldigerito e non perdono occasione per ostacolarlo. E poi ce ne sono altri, è il vero guaio, molto potenti, ai quali va benissimo una situazione di incertezza come questa. Pensate agli esportatori tedeschi. O alle banche: quando gli capiterà un altro periodo di tassi così bassi e nel contempo così alti in Paesi “fratelli”, con le possibilità di arricchirsi che ciò comporta? C’è pure, sotteso a tutto questo, un malinteso orgoglio tedesco per essere arrivati al vertice, aver riassorbito la Ddr, aver conquistato la leadership. Senza troppa voglia di dividerne i frutti».

Dobbiamo chiamarlo nazionalismo?
«Trattandosi di Germania bisogna stare attenti. Di fatto, per quanto sia genuino l’impegno della Merkel, che ha dalla sua una forte personalità, assertiva come sa esserlo solo chi è cresciuto in un Paese comunista, è durissima la battaglia contro le forze di cui parlavo. Basta che compia un minimo passo avanti perché si scateni un’opposizione interna quasi invincibile».
E senza la Germania non si può andare avanti?
«L’unico Paese che può prendere in mano l’iniziativa politica e propulsiva è l’Italia, ora che avete un premier all’altezza. Non è impossibile.
La Francia non ha una capacità propositiva propria. Vedremo con Hollande, ma non ho grandi speranze. Da comprimario della Germania potrebbe diventare un comprimario dell’Italia, che è la capofila della sponda sud».
Ma secondo lei l’euro ce la farà?
«No se un solo membro esce. L’effetto contagio sarebbe devastante. Bisogna intervenire prima. Non è giusto storicamente, culturalmente, umanamente, che tutta l’Europa debba smantellare i propri stati sociali, con i servizi sanitari, le scuole e università pubbliche, l’assistenza agli anziani o ai disoccupati, che sono conquiste che il mondo vi invidia.
E tutto questo perché ci sono i debiti. Solo con una massiccia dose di solidarietà l’euro potrà salvarsi. Altrimenti, se il prezzo dovessero essere tutte le rinunce di cui stiamo parlando, allora sì che è meglio tornare indietro e dire: ragazzi, non se ne fa niente. A quel punto vorrei vedere la faccia dei banchieri tedeschi».
Come pensa che sarebbero accolte le sue parole a Berlino?
«I creditori sono per definizione più ricchi dei debitori. Ma devono confrontarsi con la realtà. Le vedete le strade di Madrid? C’è un precedente: le ricorrenti crisi debitorie dell’America Latina sono state risolte con il perdono di una parte dei debiti americani. Il risultato è una serie di success story, Brasile, Cile, perfino l’Argentina. Che non è la Grecia, d’accordo, però ci sono tante somiglianze».

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